Il libro – Forza Sugar

FORZA SUGAR!

    

A casa di Mike Fraser, quando abitava alla Balduina, ci andai una sola volta e fui colpito dall’ordine che vi regnava. Forse nell’immaginario comune l’abitazione di un artista dovrebbe rispecchiare uno stile di vita bohémien e si potrebbe pensare che un musicista pop, coi capelli lunghi e le camicie a fiori, abituato a fare tardi la notte e talvolta a bere con disinvoltura debba essere necessariamente un disordinato anticonformista. Io restai ammirato per il modo in cui Mike teneva un enorme numero di musicassette, tutte perfettamente allineate in più file, nella libreria del soggiorno che era anche il suo studio di registrazione. E mi stupii davvero quando per trovare un brano che voleva farmi ascoltare lo vidi prendere un taccuino con la copertina nera e cercarvi un titolo. A fianco di ogni titolo c’era un numero e in un attimo individuò la cassetta giusta poiché anche tutti i nastri nello scaffale erano rigorosamente numerati.

In casa faceva tutto da solo, per esempio la spesa e la cucina. Nel 1982 per colpa della musica era già vegetariano. Si limitava alla pasta, al riso e talvolta al pesce. Dopo la lunga tournee europea con la Average White Band che lo aveva costretto a disertare l’incisione di Candy Candy aveva deciso di cambiare drasticamente le proprie abitudini alimentari. Non ne poteva più di bistecche, di condimenti e salse piccanti e dei cibi più strani e costosi che da contratto gli venivano serviti gratis in qualsiasi ristorante avesse deciso di entrare prima o dopo lo spettacolo. Ne aveva abusato e perciò sentiva il bisogno di alimenti semplici. Anche per il bucato era autosufficiente. Comprò una lavatrice e dopo i primi lavaggi disastrosi imparò a suddividere i capi in base al colore e alle temperature.

    

Quando Dougie suonò al citofono di via Livio Pentimalli 84 erano le dieci del mattino. Non gli riusciva proprio di arrivare puntuale, continuava a presentarsi a casa di Mike con quasi un’ora di ritardo. Quella volta Mike non ci fece caso: stava provando una nuovissima tastiera Roland, una delle prime digitali che gli era stata data in prestito ed era completamente preso dalle combinazioni di suoni ed effetti. Fu Dougie a fargli una sintesi della storia su cui avrebbero lavorato, a trasmettergli le sensazioni provate guardando il trailer di “Forza Sugar” e a descrivergli l’aspetto e la psicologia del protagonista. Pensavo, sbagliando, che Mike fosse il più pigro dei due e che per opportunismo lasciasse sempre all’altro il compito di andare in RCA a raccogliere gli elementi utili alla creazione di una nuova sigla. La verità era molto più banale: Mike era appiedato e Dougie possedeva un’automobile. Perciò le musiche composte dai due per i Rocking Horse erano fortemente condizionate dalla sensibilità di Dougie e da come recepiva e traduceva per l’amico i pochi frammenti di cartone che Olimpio gli mostrava. Ma grazie alla capacità visionaria di Mike di cogliere l’essenza dei racconti di Dougie e di trasformarla in musica lo stile del gruppo nelle sue performance in studio fu coerente con le storie e i cartoon che ispiravano le loro sigle.

In “Forza Sugar” avvenne però anche qualcosa di nuovo. Affascinato dalla tecnologia avveniristica della Roland e dalla facilità con cui i tasti rispondevano alla sollecitazione delle sue dita, Mike tenne chiuso il pianoforte e si servì esclusivamente dello strumento avuto in prestito. Accesa la batteria elettronica – erano ormai lontani i giorni del metronomo e del microfono sotto il secchio di plastica – si doveva trovare un ritmo adatto alle atmosfere raccontate sommariamente da Dougie. Sugar, il piccolo protagonista del nuovo anime, era deciso a riscattare sul ring la figura del padre ex campione di boxe morto per la violenza spietata dei pugni di Kenji Seki. Sugar era solo un bambino ma determinato a diventare un vero boxeur. Perciò con i guantoni ereditati del papà si sarebbe allenato, prima da solo e poi sotto la guida del signor Mishima, in attesa del grande giorno in cui sarebbe salito sul ring per sfidare e battere Kenji Seki. Forza, determinazione, grinta, pugni, velocità, astuzia, sacrificio, sudore, polvere, dolore, rivalsa, paura, ansia e speranza erano alcuni degli ingredienti della vicenda tenuti insieme dal filo di una lunga e faticosa corsa contro il tempo, la corsa di Sugar verso la vittoria finale. Occorreva impostare la batteria elettronica su un tempo travolgente e tutto il brano avrebbe corso a perdifiato, proprio come Sugar nei suoi allenamenti. Dougie e Mike fecero un paio di prove e trovato il ritmo giusto lo portarono alla velocità che le mani di Mike erano in grado di tenere volando sui tasti della Roland. Avviarono il registratore e uscirono di casa diretti al bar. Ecco un vantaggio della tecnologia: far suonare per mezzora di seguito un batterista virtuale che non avrebbe mai mancato un colpo e approfittarne per una colazione o un aperitivo.

Al ritorno composero il nuovo brano in circa due ore, tempo medio per la creazione di tutte le loro sigle con l’eccezione di “Sampei” che ebbe una gestazione più sofferta. Il metodo di lavoro era ormai consolidato dall’esperienza e dalla prontezza con cui l’uno coglieva le intenzioni dell’altro. Di solito Mike, che giura di non saper cantare, trovava la melodia sui tasti del piano e Dougie la riproponeva con la voce perfezionandola se necessario. Oppure avveniva il contrario. O in altre occasioni capitava che guidati dalle armonie e dal ritmo intuivano insieme la sequenza delle note.

Io fui chiamato in causa dopo una settimana, ai primi di dicembre del 1982. Non avevo più visto i Rocking Horse dall’estate dei mondiali di calcio e della mia “Mimì” né sapevo che in novembre il gruppo era di nuovo entrato in studio per registrare il tema conduttore del film “Corri come il vento Kiko”. Ognuno di noi percorreva la sua strada nel difficile mondo della musica, ognuno rispondeva a un telefono che era rimasto muto per un po’ di tempo e che alla fine portava una proposta di lavoro. “Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dietro i fatti suoi…” avrebbe cantato Vasco Rossi appena due mesi dopo al Festival di San Remo del 1983, il Festival che lo vide in ultima posizione nella classifica delle giurie e contemporaneamente lo consacrò poeta, musicista e interprete sensibilissimo con “Vita spericolata” lanciandolo ai vertici della popolarità e della vendita dei dischi. Ricordo come fosse ieri l’esibizione di Vasco sul palcoscenico del teatro Ariston. Io e la mia ragazza restammo in perfetto silenzio davanti ad un piccolo televisore portatile per tutta la durata del brano, poi mentre scoppiava l’applauso del pubblico ci guardammo e senza riuscire a articolare una parola, allargando le braccia e sgranando gli occhi esprimemmo il nostro stupore e la nostra emozione per aver assistito alla nascita di un capolavoro.

Mi preparavo a scrivere il testo di “Forza Sugar” e intanto altri mondi immaginari e reali, futuribili o dolorosamente presenti attraversavano le nostre vite sugli schermi delle sale cinematografiche con la poesia di “E.T. l’Extra-Terrestre” o con la storia cruenta di “Rambo” reduce dal Vietnam. Altri mondi venivano raccontati sulle pagine dei quotidiani e nei telegiornali dove non si era ancora spenta l’eco della drammatica fine del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro per mano della mafia. Mentre coi Rocking Horse cercavo di riconquistare i primi posti della Hit Parade usciva in tutti i continenti “Thriller” di Michael Jackson che avrebbe venduto centoquattro milioni di copie. Smarriti davanti alla violenza della mafia, persi nella dolcezza di E.T., travolti dalla carica esplosiva di “Thriller” speravamo in un domani migliore e non ci rendevamo conto che la breve favola del Rocking Horse stava arrivando al suo epilogo.

Non c’era un declino del gruppo né dei cartoni animati in televisione. C’erano invece due storie parallele che in pochi mesi si incontrarono a dispetto delle regole della geometria. Mike Fraser lentamente ma inesorabilmente si stava disamorando del sodalizio artistico con Dougie e la RCA Italiana non guadagnava più il fiume di denaro che ne aveva fatto la prima casa discografica nazionale.

Mike e Dougie erano e restano persone speciali con un grande talento musicale ma a un certo punto del loro percorso artistico le loro esigenze creative cominciarono a prendere strade diverse. Mike avrebbe voluto sperimentare altri tipi di musica mentre Dougie, incoraggiato dai successi a ripetizione, preferiva continuare con il repertorio dei Rocking Horse e dei Superobots. Come spesso avviene è probabile che la verità stesse nel mezzo. Dougie e Mike non facevano solo sigle per i cartoni. Ad esempio ricordo che Dougie amava sedersi a un tavolino del bar “Lo Zodiaco” in cima alla collina di Monte Mario a scrivere testi in inglese su altre musiche composte con Mike. E ricordo di avere ascoltato alcuni loro brani assai diversi dallo stile dei Rocking Horse o di parte della produzione dei Superobots. Ciò nonostante Mike sentiva crescere ogni giorno di più il richiamo quasi primitivo che fin da bambino lo aveva avvicinato alla musica trasformandosi negli anni in una passione sconfinata per la magia della tromba di Miles Davis e più tardi per le creazioni immortali di Ravel, Mozart, Debussy e Bach ma anche per le provocazioni del francese Erik Satie.

    

Quando arrivai in RCA per ascoltare il provino di “Forza Sugar” la vita sembrava procedere come sempre. Produttori, cantanti, autori, tecnici del suono, segretarie e dirigenti si incrociavano nei corridoi, negli studi, negli uffici e al bar quasi tutti con la stessa fretta e con l’aria di chi si stava occupando del progetto artistico più importante del momento. All’esterno non filtravano i segni della crisi economica su cui da tempo vigilavano i dirigenti della casa madre americana. I pochi che sapevano qualcosa tacevano.

Con il testo me la cavai bene, l’unica vera difficoltà fu all’inizio. La pagina bianca, si sa, incute timore a molti autori, specie se si lavora su commissione, e se non arriva l’illuminazione l’interrogativo è sempre il solito: “Come cominciare?”. Nel mio caso il problema nasceva dalla partenza a razzo della melodia. Non potevo prendere alla larga il cuore della storia né mettermi a ricamare un ritratto del personaggio. Il ritmo incalzante e la velocità non ammettevano giri di parole. Così dopo un paio di tentativi a vuoto appallottolai i fogli e salii sul ring accanto a Sugar per incitarlo nel combattimento finale come avrebbe fatto il suo allenatore.

Se la vita sotto la cintura picchierà non aver paura – Forza Sugar! Se un pugno frusta e su di te si schianterà tieni giù la testa – Forza Sugar!”. Avevo trovato la chiave per presentare il piccolo pugile alla platea dei suoi fan e il resto delle parole arrivò facilmente. Ma al termine della prima stesura, sempre per assecondare il ritmo trascinante della musica e ricordando che in televisione passavano solo i primi novanta secondi del disco, ebbi dei ripensamenti. Allora divisi il testo in sei parti e scambiai di posto la quinta con la seconda anticipando i versi più energici che davano il senso degli ultimi colpi decisivi: “Dai! Vai! In guardia stai – al tappeto finirà chi ha soltanto muscoli non si salverà. Dai! Vai! Tu furbo sei – lui è quasi KO. Alle corde stringilo! Senza fiato lascialo!”.

    

Olimpio fissò lo studio C per il 16 dicembre. “Forza Sugar” sarebbe stata per i Rocking Horse l’ultima fatica in sala di registrazione del 1982, la loro sigla di Natale. Nelle strade di Roma c’era l’animazione che precede le festività: traffico in tilt, negozi e grandi magazzini affollati, vetrine piene di regali da mettere sotto l’albero. Superai l’ultimo ingorgo della via Tiburtina e in leggero ritardo sulla mia solita ora del pomeriggio mi presentai nell’ufficio di Olimpio. Avevo portato come ogni anno una bottiglia di whisky per ringraziarlo delle opportunità di lavoro che mi offriva e, pensando a tutti i soldi che da un paio di semestri mi arrivavano dai diritti d’autore, mi sentii un po’ a disagio per l’esiguità del dono. Lui invece mi ringraziò contento e prendendomi sotto braccio mi disse che al piano di sopra, nello studio dove Dougie e compagni erano impegnati a realizzare la base, avrei trovato una sorpresa. Mentre salivamo le scale venni a sapere che c’era anche Massimo Cantini, l’autore di “Il grande Mazinger” e di quella “Isola del Tesoro” che aveva messo fuori combattimento la nostra. Massimo, alternandosi in orari diversi con i Rocking Horse, stava registrando “All’età della pietra”, la sigla di “Giatrus, il primo uomo” di cui avevo scritto il testo. Il mondo delle sigle era anche questo: una specie di ring dove gli artisti si incontravano, una volta per darsele di santa ragione e l’altra per lavorare insieme contro il resto degli aspiranti al titolo. Era stato Olimpio a farmi il regalo più bello!

Il nostro ingresso in regia fu subito salutato con la base di “Forza Sugar”. Una partenza bruciante di basso, chitarra e batteria. Il basso di Mick, vera spina dorsale di tutto il brano, era un treno lanciato in corsa e senza freni, e la chitarra di Dave passava dai riff metallici dell’avvio a un serratissimo controtempo sul suono asciutto e implacabile dell’accoppiata cassa-rullante di Marvin Johnson. Volutamente più nascosta la tastiera di Mike, a sostegno dei tre strumenti con un lavoro armonico sottile e alcune improvvise sortite, cinque accordi sventagliati in sequenza come un gancio e un doppio uno-due di Sugar al volto dell’avversario.

Ora mi piacerebbe tornare a quel 16 dicembre nello stesso studio C in compagnia di qualche critico musicale, magari di quelli che vanno per la maggiore. Farei scorrere il nastro, chiederei ai presenti di ascoltare quei tre minuti scarsi di base ritmica, senza le voci per non farsi condizionare dal testo, e alla fine gli farei una domanda “Quanti anni di età si dovrebbero avere per poter apprezzare questa musica?”. Sono certo che nessuno risponderebbe “L’età che hanno i bambini: cinque, otto, dieci anni…”. Tutti, con parole più o meno simili, finirebbero per ammettere che “Qualsiasi età è quella giusta per godere di un buon pezzo rock!”.

Questo fu il segreto del successo e della longevità delle sigle dei Rocking Horse e di gran parte dei brani prodotti da Olimpio: cercare della buona musica, non canzoncine per bambini, e farla realizzare al meglio. Mike Fraser giura di non aver mai visto un solo minuto dei cartoni su cui ha lavorato, né in tivù né in DVD o in videocassetta. Unica eccezione il primo episodio di Candy Candy proiettato su un maxi schermo della Fiera di Roma in occasione del “Candy Candy day” del 2006. E dell’esperienza artistica con i RH ha un’idea molto precisa. “Volevamo fare musica di qualità, con belle melodie, che suonasse bene sia nell’arrangiamento sia nel canto. Una cosa professionale. Per questo motivo, una volta registrato il brano, se ci ritenevamo soddisfatti non potevano più esserci ripensamenti. Quindi non avevamo alcun bisogno di verificarne l’effetto guardando il cartoon in televisione. L’importante era rendere l’intenzione del pezzo, il suono, l’emozione esattamente come la sentivamo dentro, nella testa e nel cuore. Lavoravamo completamente di istinto!”.

Un piccolo episodio avvenuto durante l’incisione di “Lulù” può far capire con quale sicurezza dei propri mezzi affrontassero il momento della registrazione. “Dovevo fare la parte di pianoforte con la tastiera, una vecchia Yamaha C che non usava mai nessuno e che ritrovavo ogni volta coperta di polvere in un angolo dello studio, regolata sugli stessi timbri che avevo selezionato nella sessione precedente. Il fonico mi dette il via e cominciai. Suonavo e ogni tanto alzavo gli occhi guardando al di là del vetro Olimpio e Dougie per capire se stava andando tutto bene. Loro invece parlavano fitto, presi in una discussione con il fonico, senza degnarmi di un’occhiata per più di quattro minuti. Finita la parte entrai in regìa e domandai: “Beh? Com’è andata?”. Si girarono verso di me, quasi sorpresi di vedermi e di essere stati interrotti, e risposero: “Bene, bene. Tutto OK… perfetto!”. In realtà non avevano sentito nulla di quello che avevo fatto, avevano parlato tutto il tempo di calcio. La verità è che si fidavano. Io avevo dato il massimo e mi aspettavo un po’ di soddisfazione, un complimento per come avevo suonato in qualche passaggio più difficile, e quelli invece, tranquilli e sicuri che me la sarei cavata, non mi avevano filato per niente! Perché tra noi c’era una fiducia assoluta.”. Sempre sulla loro bravura di musicisti ricordo una serata allo “Sciamano”, un locale di Roma noto agli amanti della musica dal vivo dove Dougie, Dave e Mick suonavano in trio senza batteria un repertorio di brani rock anni ’70 e ’80, Dougie chitarra ritmica e voce, Dave chitarra conduttrice e Mick ovviamente al basso. Fui sorpreso di sentir cantare Mick egregiamente anche da solista ma soprattutto rimasi colpito dallo stile del gruppo, asciutto, forse con poche concessioni allo spettacolo ma senza alcuna incertezza. Negli oltre novanta minuti di performance i tre ultrasessantenni avevano dominato il palco come una perfetta macchina da musica, con arrangiamenti limpidi, essenziali e di grande impatto sonoro.

    

La registrazione di “Forza Sugar” proseguì venerdì 17 dicembre in parallelo all’incisione di “All’età della pietra” e Olimpio, costretto a lavorare con un budget più risicato del solito, sfruttò la presenza di Dougie e Mike per rinforzare il team di Massimo Cantini. Dougie collaborò ai cori con lo stesso Massimo e con Mauro Goldsand, autore e componente del gruppo “Il Mago, la Fata e la Zucca Bacata”, e Mike mise a disposizione la sua esperienza di arrangiatore e tastierista.

Gli impegni di Olimpio, spesso obbligato a lavorare contemporaneamente su più progetti, e uno sciopero nazionale dei metalmeccanici che coinvolgeva i dipendenti della RCA fecero slittare il canto e il missaggio al martedì 21. All’apice delle sue potenzialità vocali, Dougie si produsse in una delle sue interpretazioni migliori, l’ultima da solista dei Rocking Horse. Non sono l’unico a ritenere che la grinta dell’arrangiamento, le sonorità del brano e anche la voce di Dougie riecheggiavano più lo stile maschio dei Superobots che quello sognante dei Rocking Horse. E, come qualcuno ha fatto rilevare, si può pensare che l’attribuzione della sigla ai RH sia avvenuta per una svista di chi realizzò la copertina del disco. Tuttavia, premesso che la stessa considerazione potrebbe essere fatta anche per “Toriton” e “Super Dog Black” e che i responsabili di una decisione non sono infallibili, in realtà l’assegnazione non dipendeva dal genere musicale del pezzo o dallo stile del gruppo ma dal tipo di cartone animato e soprattutto dal sesso e dall’età del pubblico a cui era diretto.

    

“Forza Sugar” fu stampato a tempo di record e meno di un mese dopo, nel gennaio del 1983, uscì nei negozi di dischi come lato B di “Corri come il vento Kiko!”. Nello stesso anno in Giappone Tetsuo Hara e Yoshiyuki Okamura creavano Hokuto No Ken, il fumetto che diventò cartone animato e fu importato in Italia come “Ken il guerriero”. La vicenda della sigla di Ken commissionata a Claudio Maioli che ne scrisse la musica e la realizzò con il mio testo è una prova della confusione organizzativa che regnava in RCA per effetto della crisi. Furono stanziati i soldi per la registrazione in studio a cura di Claudio che la cantò sotto lo pseudonimo “Spectra” e subito dopo il pezzo diventò sigla del cartone. Ma il 45 giri non si fece nonostante l’enorme immediato successo del cartone in tutta Italia. Claudio e io insieme con i tantissimi fan di “Ken il guerriero” dovemmo attendere il 1994 per vedere finalmente pubblicato il nostro lavoro, quando la canzone fu inserita nella prima compilation di “Tivulandia” su compact disc. La crisi del disco però era un fatto reale e “Forza Sugar” vendette solo quattromila copie nonostante fosse abbinata sul 45 giri a “Corri come il vento Kiko” sigla di un film per le sale cinematografiche. Tra compilation e cover si attestò sulle trentamila copie. Anche per questo esito non proprio esaltante non mi aspettavo che ventiquattro anni dopo il pezzo rock meno fortunato di Dougie e Mike venisse inserito nella selezione di alcune mie sigle e definito “una delle nostre preferite” dal conduttore Marco Bellina mentre venivo presentato al pubblico televisivo di “Iscandar”, il programma di Rai Futura dedicato agli anime. Rivedendo le immagini, di nuovo mi sorprese la sincronia della musica con la corsa inarrestabile di Sugar da un’età all’altra di allenamento in allenamento verso la vittoria finale sui fantasmi del passato e contro il più temibile degli avversari. Il tempo aveva conservato e restituito intatta l’energia dei Rocking Horse e del giovanissimo campione del ring.